Partnership al progetto

Prima intervista: Luca Ceccarelli, fondatore dell’Associazione Musikè

C: Com’è nata l’idea di creare l’Associazione Musikè?

LC: Mi ero appena diplomato, io insieme ad altri ragazzi volevamo fare dei concerti e con il mio maestro abbiamo pensato di creare questa associazione.

C: Quanto è stato difficile organizzarla? Per esempio trovare il luogo dove esercitarsi, gli strumenti, i professori …

LC: All’inizio si trattava soltanto dei concerti, poi io in particolare ho deciso di aprire questa scuola. Altri si sono un po’ defilati, alcuni erano all’estero, altri avevano già un lavoro full time. Siamo cresciuti piano piano nel corso degli anni … Diciamo che è stato difficile come tutte le cose.

C: Che ruolo ha la musica nel processo di crescita e educazione nei bambini? È utile collaborare con le scuole?

LC: È molto importante. A mio avviso dovrebbe essere fatta musica nelle scuole, soprattutto al livello della scuola elementare. Due cose sono estremamente importanti: il coro, che per me dovrebbe essere fatto fare a tutti; in alternativa, o ancora meglio insieme al coro, body percussion, cioè percussioni con il proprio corpo. Queste sono le due cose che, in base alla mia esperienza, sono fondamentali per la crescita musicale dei bambini di quell’età.

C:  Quanti dei vostri allievi in media decidono di continuare lo studio in conservatorio?

LC: Una percentuale molto bassa, perché la maggior parte dei nostri allievi suonano per hobby. In percentuale direi il 2%.

C: Ho letto sul vostro sito di collaborazioni con onlus e associazioni mediche, secondo lei come può la musica aiutare le persone malate o svantaggiate?

LC: La musica lo può fare in tanti modi, noi lo facciamo in due modi principalmente. Il primo è tramite raccolte fondi, visto che i nostri sono concerti fatti da cori o orchestre amatoriali, non di professionisti, a volte sono le stesse associazioni che ci chiamano per raccogliere i fondi. Il secondo facendo dei corsi, per esempio noi abbiamo un corso rivolto a ragazzi affetti da sindrome di down, realizziamo cori e orchestre. Naturalmente è molto difficile ma anche molto gratificante, lì se può aiutare lo facciamo gratuitamente.

C: Capita spesso di avere tra gli allievi adulti o anziani? Come si differenzia l’insegnamento musicale in base all’età?

LC: Sì ne abbiamo tanti di anziani, in percentuale direi un 15-20%. L’insegnamento è naturale che cambi tantissimo, perché le persone adulte o anziane sono più motivate solitamente dei bambini, che invece spesso sono costretti dai genitori. Però l’elasticità e la freschezza mentale è diversa. La musica è come una lingua, è più facile impararla da bambini. Per esempio tra gli adulti si trovano avvantaggiati quelli che avevano studiato musica da bambini, ma magari avevano interrotto.

C: Quanto è cambiata la vita dopo l’associazione? Fare della musica un lavoro è diventato un peso?

LC: Prima la musica la studiavo molto, poi  diventando un lavoro per me non è cambiato tantissimo. È come per uno studente il passaggio dall’università al mondo del lavoro, un po’ il corso naturale degli studi fatti in precedenza.

C: Come dovrebbe essere una perfetta scuola di musica? Quali ambienti e quali caratteristiche dovrebbe avere?

LC: A mio modesto parere ci dovrebbe essere una normativa fiscale migliore. Per me è impensabile che una scuola o un’associazione di musica paghino le tasse sul lavoro quando conservatori, licei, scuole medie musicali non solo non pagano tasse ma vengono anche sovvenzionate dallo stato. Anche per disincentivare il lavoro in nero, visto che in questo settore è difficile competere con queste situazioni.

Le aule dovrebbero essere adeguate in base al numero degli allievi e agli strumenti presenti. Poi dipende molto dal taglio che gli vuoi dare, se insegni moderno o classico. Secondo me una cosa fondamentale è far suonare insieme tutti gli allievi, la scuola deve assolutamente puntare su lezioni collettive, oltre che quelle individuali con lo strumento, tipo cori, orchestre, band. I nostri corsi più numerosi per esempio sono i cori dove ci sono tra le 30-35 persone circa.

C: Per quanto riguarda le lezioni collettive, ha notato cambiamenti o miglioramenti di chi li frequenta?

LC: Assolutamente sì, non per tutti ovviamente, non allo stesso modo.

C: Capita di lavorare con studenti stranieri o extracomunitari? Nel caso, ha notato integrazione con gli allievi italiani nei corsi collettivi?

LC: Che io ricordi abbiamo avuto pochi allievi stranieri  non mi pare avessero partecipato a corsi collettivi.

C: Secondo lei quali possono essere all’incirca le misure minime delle aule, singole e collettive?

LC: Un’aula per una lezione individuale può essere anche molto piccola, dipende dallo strumento. Per le aule collettive dipende dal numero dei ragazzi, per un coro di 40 persone credo ci sia bisogno di almeno 35-40 mq.

Seconda intervista: Michele Papandrea, fondatore dell’Associazione Musica Senza Frontiere

C: Com’è nata l’idea di creare l’Associazione Musica Senza Frontiere?

MP:  È nata leggendo un articolo su un giornale, 22 anni fa. Mi ha fatto scattare la molla riguardo questa idea, da lì ho iniziato a lavorarci su. Ho mosso i primi passi e ho aperto l’Associazione Musica Senza Frontiere.

C: Quanto è stato difficile organizzarla? Per esempio trovare il luogo dove esercitarsi, gli strumenti, i professori …

MP: Sì, come tutte le attività all’inizio ci sono delle difficoltà, anche per trovare la sede e cercare gli insegnanti. Però siamo riusciti ad avviarla con l’aiuto di conoscenze e di parentele, ovviamente prima era solo una piccola realtà: piccola sede, pochi insegnanti, ma l’abbiamo fatto.

C: Che ruolo ha la musica nel processo di crescita e educazione nei bambini? È utile collaborare con le scuole?

MP: Sì, senz’altro entrambe le cose. La musica ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo proprio di una personalità artistica sensibile. La musica aumenta anche le capacità logico-matematiche, durante un’ ora di musica ben fatta il quoziente intellettivo si innalza. A forza di far musica si ingentilisce l’animo, chi fa musica nella vita non sarà mai un violento. Il processo di collaborazione con le scuole pubbliche chiaramente è assolutamente auspicabile, i bambini si trovano in una fascia d’età delicata per cui è molto importante far musica in questa fase.

C:  Quanti dei vostri allievi in media decidono di continuare lo studio in conservatorio?

MP: Pochi, perché effettivamente il taglio che diamo ai nostri corsi è in realtà per bambini, per amatoriali, non necessariamente di avviamento professionale. La musica deve essere fruita da tutti, non solo in maniera professionale, anche perché ci sono dei limiti su quante persone potrebbero realmente vivere di musica, ma non ci sono limiti su quante persone possano dilettarsi con la musica, anche se in modo imperfetto.

C: È capitato di collaborare con onlus o associazioni mediche? Secondo lei come può la musica aiutare le persone malate o svantaggiate?

MP: Collaborazione vere e proprie non ne abbiamo fatte, però abbiamo avuto e continuiamo ad avere come allievi persone con disabilità. Abbiamo notato dei benefici, sia per persone iperattive che autistiche, anche se non gravi, ma vediamo che riescono tranquillamente a fare certe attività. Soprattutto per quanto riguarda la batteria, abbiamo degli autistici che suonano benissimo, anzi sono sovradotati rispetto alla norma.

C: Capita spesso di avere tra gli allievi adulti o anziani? Come si differenzia l’insegnamento musicale in base all’età?

MP: Il giovedì mattina svolgiamo una serie di attività con le persone anziane. Per loro è un grande piacere fare musica, notiamo che apprezzano specialmente la mattina quando hanno molto tempo libero. L’insegnamento con loro è diverso perché bisogna essere molto pazienti, disponibili anche a tutta una serie di chiacchiere che gli anziani amano fare. Loro trattano gli insegnanti un po’ come se fossero figli, nipoti, ci portano anche dei pensierini a Pasqua e Natale. Bisogna spiegare le cose in maniera chiara, tenendo conto della loro età, dire una cosa per volta, fare schemi scritti in maniera leggibile e facile. Ci troviamo spesso ad usare libri per bambini perché hanno una maggiore leggibilità. Poi bisogna mettere in conto che per questioni di acciacchi di cui soffrono sono soggetti a fare più assenze rispetto agli altri.

C: Quanto è cambiata la vita dopo l’associazione? Fare della musica un lavoro è diventato un peso?

MP: Non è un peso anzi è sempre un piacere.

C: Come dovrebbe essere una perfetta scuola di musica? Quali ambienti e quali caratteristiche dovrebbe avere?

MP: Deve essere senz’altro un luogo piacevole da vivere, un luogo che sia luminoso, arieggiato, con strumenti di qualità, con una buona insonorizzazione. Per esempio chi canta, specialmente agli inizi, potrebbe sentirsi in imbarazzo se i vocalizzi si sentissero per tutto il corridoio. Tutto ciò vale anche per lo staff amministrativo e per i professori, dovrebbero essere persone cordiali e gentili.

C: Per quanto riguarda le lezioni collettive, ha notato cambiamenti o miglioramenti di chi li frequenta?

MP: La maggior parte delle lezioni in realtà sono individuali. Spesso però ci vengono richieste lezioni collettive per migliorare l’approccio tra le persone. Effettivamente le lezioni collettive se condotte in modo esperto sono proficue sia dal punto di vista musicale che relazionale. Ad esempio noi facciamo dei laboratori di musica d’insieme dove riuniamo partecipanti di batteria, canto, chitarra, basso, pianoforte, band che suonano insieme tutte le settimane. Vale anche per le i bambini, abbiamo anche band formate da bambini e genitori insieme, credo che siano esperienze molto belle.

C: Capita di lavorare con studenti stranieri o extracomunitari? Nel caso, ha notato integrazione con gli allievi italiani nei corsi collettivi?

MP: Ho qualche caso di bambini adottati, o adulti provenienti da paesi stranieri. Di solito non frequentano lezioni collettive, però in occasione di saggi o concerti non ci sono mai stati problemi, stavano tranquillamente con gli altri.

C: Secondo lei quali possono essere all’incirca le misure minime delle aule, singole e collettive?

MP: Per le aule collettive dipende. Credo che nelle scuole pubbliche ci siano degli standard, per esempio 6×5. Negli spazi privati non sempre si possono avere questi ambienti, dipende anche dal numero di partecipanti: per un gruppo di 3 credo vada bene 3×3, per un gruppo di 10 persone almeno 4×4. Per le lezioni individuali basta anche un 2,5×2. Molte scuole so che hanno ambienti più piccoli, gli affitti per questi spazi incidono in maniera notevole per cui ci si adatta a quel che si ha.

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